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Ella chinò il capo.
— Che bel lavoro! disse Alberto poco dopo.
— Vi piace?
— Moltissimo. È un lavoro per uomo?
— Sì.
— E... senza essere indiscreto?...
— Nessuna indiscrezione, mio caro; rispose l’Armandi sorridendo; anzi quel che c’è di più legittimo: è per mio marito.
— Oh!... proprio un regalo da nozze! diss’egli adenti stretti.
La contessa sorrise senza alzare gli occhi dal ricamo, e arrossì lievemente. Ei cavò l’orologio e si alzò.
— Addio, gli disse la contessa Armandi stendendogli una mano, mentre coll’altra contava i punti del disegno.
Alberto le strappò il ricamo, e lo stracciò.
— Marchese Alberti! esclamò l’Armandi rizzando il capo, altera, corrucciata e imponente.
Il marchese fece barcollando due o tre passi verso l’uscio, si arrestò sulla soglia, ed esclamò torcendosi le mani:
— Ah! come son vile!
— Siete un pazzo!
Gli volse le spalle, andando verso la finestra; e poscia, volgendosi vivamente verso di lui:
— Siete geloso di mio marito?
Alberto impallidì.