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— Le faccio paura, madamigella? disse Alberto.
In questo momento entrò anche la contessa; gli stese la mano, buttando l’ombrellino sul tavolo, e togliendo alla figlia il largo cappello di paglia.
— Come sei rossa! le disse baciandola. Vai dalla Tilde.
La bimba gli rese il bacio, e prima d’andarsene offrì anche ad Alberto la guancia vermiglia. Egli l’accarezzò sui capelli.
La madre tirò a sè bruscamente la figliuola, la baciò di nuovo, con singolare vivacità, e la accompagnò sino all’uscio.
— Perchè non avete baciato la mia bambina? gli domandò tornando indietro.
Alberti tardò un istante a rispondere; ma ella, senza dargliene il tempo, andò al piano, e prese il fascicolo ch’era sul leggio.
— Vi ringrazio della musica, aggiunse senza voltarsi e sfogliandola. Ci ho dato un’occhiata ieri stesso. È proprio bella.
E tornò lentamente verso il canapè, senza levare gli occhi dalla carta, sedette, e spiegò il quaderno sui ginocchi.
— Avete fatto una lunga passeggiata? domandò Alberti.
— V’ho fatto aspettare? Scusatemi. Ero andata ad incontrare Armandi. Invece ricevo una lettera che rimanda la sua venuta a domani.
— Ah!