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zioso ed amabile. Quel po’ di corteccia ruvida che gli rimaneva attaccata, e di cui s’ingegnavano a gara di mondarlo, davagli anch’essa una certa agreste attrattiva — dicevano. Egli aveva i migliori cavalli, gli amici più devoti, ed una volta pregò due di costoro d’andare a sfidare un tale, il quale aveagli detto che aveva anche la più bella amante. I due amici cominciarono dal ridere, ma per rabbonirlo dovettero finire col dirgli che non era proprio il caso di prendere in mala parte un complimento di cui molti altri sarebbero stati lusingatissimi. Alberto erasi incaponito che quel complimento fosse ingiurioso per la riputazione della dama. Il più intimo dei due, quegli che desinava più spesso con lui e che gli doveva di più, lo tirò alquanto in disparte e gli disse:
— Caro mio, sei ben sicuro d’essere stato il primo amante di quella dama?... Be’... Non c’è di che arrossire... Lasciamola lì piuttosto. Un duello la comprometterebbe infinitamente dippiù. Andiamo a cena e dormiamoci sopra.
La contessa riceveva Alberti frequentemente di giorno, anche quando non c’era per tutti gli altri, e di sera, allorchè faceva della musica: il marchese era distinto pianista, e l’Armandi amava la musica appassionatamente — ognuno lo sapeva. Alberti la vedeva in tutte le riunioni, in tutte le partite di campagna, in tutte le traversate sul lago, l’accompagnava sovente a cavallo o in carrozza, da solo o in numerosa compagnia, stava con disinvoltura nel salotto di lei, l’accompagnava al