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arrossito in presenza di coloro che mi ascoltavano. Ho mentito l’indifferenza e la disinvoltura, ho mentito verso di voi, verso i miei doveri, e verso il mondo — avete il diritto di pensare che abbia mentito anche quando vi ho detto che vi amo! Mezz’ora fa mi avete guardato in faccia stupefatto due o tre volte, e avete arrossito per me — vi ho visto. — Voi non ci avete colpa. Son moglie, son madre, ho dei doveri sociali, e son la vostra amante: è impossibile conciliare tutto quello che ci è di contradittorio nel mio stato, senza mentire. Io mi sono umiliata ai vostri occhi facendo il sacrificio del mio orgoglio e della mia delicatezza dinanzi a voi — per voi. — Non vi faccio un rimprovero. È colpa vostra se tutto è della vostra parte? la franchezza, la lealtà, la delicatezza, l’onore, e, a salvaguardia di tutto ciò, la vostra spada? Voi avete tutto quello che io mi son messo sotto i piedi... per voi.

A queste ultime parole il sarcasmo scoppiò nell’accento vibrato, sibilante, nel sorriso amaro e nelle calde lagrime che ella asciugava dispettosamente prima ancora che spuntassero sull’orbita. Ciascuna di quelle parole, ciascuno di quegli accenti andavano a colpire sul viso Alberti che stava zitto, immobile, arrossendo e impallidendo a vicenda, come se si sentisse schiaffeggiare dalla propria coscienza.

— Perchè m’avete amato? domandò alfine con voce fremente e soffocata.

L’Armandi alzò su di lui gli occhi ardenti di lagrime e di collera, come smemorata, e non rispose.