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— Diggià! mormorò l’Armandi.

Alberto prese il cappello per andarsene. Ella rispose appena al suo saluto, e non si volse nemmeno per vederlo partire. Udì vagamente chiudersi l’uscio del vestibolo, e poco dopo i passi del marchese nel viale.

— La sua barca è laggiù? domandò all’improvviso e con vivacità dall’alto della terrazza.

— Sì.

— Sa remare?

— Credo di sì.

— Rimandi il barcaiuolo, e m’aspetti.

Dopo pochi momenti egli se la vide comparire dinanzi infilandosi i guanti, con un velo sul capo, il viso bianco e serio, gli occhi luccicanti.

— Sa proprio remare? replicò brevemente e senza volgere gli occhi su di lui.

— Sì, sì.

Ella saltò nella barca senza aggiungere altro, e sedette a poppa.

La barchetta scivolò sulle acque tranquille, e allorchè furono molto lontani dalla sponda, Alberto lasciò i remi. La contessa guardava in silenzio la striscia luminosa che fuggiva dinanzi a loro sulla superficie bruna del lago, e l’acqua che s’increspava scintillante attorno ai remi. Stava mezzo sdraiata sui cuscini, tenendo il capo un po’ arrovesciato all’indietro sul tappeto che sfiorava le acque, e guardando in alto; di tanto in tanto saettava uno sguardo su di Alberto, che teneva gli occhi rivolti altrove, e non diceva motto. Il silenzio avea un