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— Cos’ha? le domandò piano, dopo avere atteso inutilmente ch’ella levasse gli occhi.

— Nulla. Cosa mi trova? È stata una brutta giornataccia. Ecco tutto.

— E son venuto in un brutto momentaccio?

— Al contrario, l’aspettavo.

— Cosa legge?

— Una sciocchezza — e buttò via il libro — suoni qualcosa, dunque!

— Cosa desidera che suoni?

— Quel che vuole.... quell’Addio di Schubert.

— Ma se non le piace!...

Ella si strinse nelle spalle con un movimento inimitabile.

Alberti si mise al piano. L’Armandi s’appoggiò al leggío, poi incominciò a sfogliare della musica, infine andò a riprendere il libro che avea buttato via.

Alberti si volse, smise di suonare, e stette alcuni minuti cogli occhi fissi su di lei, il gomito appoggiato al pianoforte e la fronte sulla mano. Ad un tratto si alzò e si avvicinò al canapè.

— Avete finito? domandò l’Armandi levando gli occhi con sorpresa su di lui.

— Sì, non se n’era accorta? Ella sorrise, e chiuse il libro.

— Cosa fa a Bellagio? c’è molta gente? si diverte? si annoia?

— Sì, rispose Alberto sbadatamente.

L’Armandi gli rivolse uno sguardo fra il distratto e