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fine aprì il pianoforte, e si mise a suonare, dapprima svogliatamente. Ad un tratto fu suonato al cancello; allora fece un movimento.

Il marchese Alberti, annunziò il domestico.

La contessa assentì del capo, senza voltarsi, e continuò a suonare.

Alberto entrò, si accostò al piano, e si mise dietro a lei; ella lo salutò con un cenno del capo, senza volgere gli occhi su di lui, animandosi contro una difficoltà di Schubert. Infine smise bruscamente di suonare, e si alzò.

— Che peccato! esclamò Alberto. Continui, la prego!

— No, mi annoia. — Come sta?

— Benissimo; ma ella non è al suo solito.

— Io? s’inganna. Com’è venuto?

— In barca, dal lago. Ho sentito la sua musica accostandomi alla villa, e avrei forse fatto meglio standomene ad ascoltare laggiù....

— Avrebbe fatto peggio, perchè m’annoiavo orribilmente. Le piace quel pezzo?

— Moltissimo.

— Lo suoni adunque.

— Volentieri, se lo desidera.

— Non per me! diss’ella voltandogli le spalle.

— Per chi, allora?

-— Ma.... per coloro che sono sul lago.... pei pescatori.

Alberto era rimasto immobile: indi ricominciò ad infilarsi i guanti, e andò a sedere presso di lei, che s’era messa sul canapè scartabellando un libro nuovo.