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II.


Il marchesino Alberti fu educato lontano da’ suoi, alla spartana, nel collegio Cicognini. Il padre era morto fuori d’Italia, quasi senza averlo conosciuto. La marchesa, sempre giovane, ed elegante, la più bella toscana che fosse in Milano, andava a fargli visita una volta all’anno, quando c’erano le corse a Firenze, l’abbracciava, l’accarezzava, gli recava dei confetti, e rimontava in carrozza sorridente. — Ella era stata colta da una pleurite, all’uscire dalla Scala, ed era morta prima che i suoi amici avessero avuto tempo di far venire il figliuolo da Prato. Il povero orfanello aveva allora dodici anni, e conservava religiosamente le poche lettere che il babbo gli aveva scritto, e le scatole dei confetti che la mamma gli aveva regalato. Una volta aveva chinato il capo, tutto vergognoso, allorchè il suo amico Gemmati gli aveva detto: — O perchè il tuo babbo non vien mai a vederti? — Un’altra volta avea arrossito