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cercava di cambiar discorso; ma Alberto vi si attaccava con avida ostinazione, come se si sentisse forte su quel terreno, e sfoggiava a proposito un cinismo provocante.

— Scommetto che il fidanzato proposto a questa ragazza non era ricco, diss’egli.

— Perchè? domandò imprudentemente la signora Manfredini.

— Perchè se fosse stato ricco, la ragazza si sarebbe rassegnata a sposarlo invece di suicidarsi.

— Che orrore! esclamarono le signore agitando il ventaglio.

— Signore mie, non possiamo giudicare su di ciò colle idee nostre. Quella era una povera popolana...

— E per questo?... Non poteva amare?... interruppe Don Ferdinando che trovavasi nel quarto d’ora di tenerezza.

Alberto gli rise in faccia insolentemente.

— O che ci ha a fare l’amore con cotesto?...

Le signore erano imbarazzate, compresa l’Armandi, che non sapeva qual contegno prendere. La signora Manfredini s’era fatta rossa come un tacchino; ma la figliuola era rimasta perfettamente padrona di sè, facendosi vento però con un poco d’animazione. Ella sola ebbe il coraggio di lottare, colle medesime armi, contro quel disperato che ubbriacavasi di epigrammi.

— Ha notizia di sua cugina Adele? gli domandò tranquillamente, come per sviare il discorso.

— Mia cugina sta benissimo; e sposa il mio amico Gemmati: rispose Alberti collo stesso tono.