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— Vi sareste pentito d’avermi data la vostra parola? gli domandò un giorno, smettendo di giocare colla cagnetta.
— Io!... come?... Ma perchè mi dite ciò?...
Velleda si mise ad inseguire così pazzamente Gemma pei viali del giardino che Alberto non potè aggiungere altro, e non osò buttarsi ai piedi di lei.
Siccome il Metelliani non trascurava occasione per dimostrare la sua premurosa amicizia verso le signore Manfredini, avea insistito per avere l’onore di accompagnarle all’ultima festa a Corte. Le signore avevano accettato. Passando in mezzo a quella folla di uniformi, di decorazioni, di grandezze mondane, appoggiata al braccio di quell’uomo di cui il nome correva sulle bocche di tutti, che portava la testa alta nella casa del Granduca, Velleda sentì qualche cosa di mai provato, che le fece rialzare il capo con un impercettibile movimento, come se avesse voluto gettarsi sulle spalle a guisa di manto reale il ricco volume dei suoi capelli. Ella volse sul principe un’occhiata rapida e sfolgorante, nella quale sembrarono riflettersi lo scintillio delle decorazioni e dei ricami dell’uniforme di lui.
Che brutta sera pel povero Alberti, il quale dovette subirsi la mamma, e vide la sua fidanzata sempre a distanza, che si abbandonava con radiosa spensieratezza al piacere di esser corteggiata! Ei procurò di avvicinarsi alla contessa Armandi, per non rimaner nè solo, nè colla suocera; ma anche la contessa gli volse lo