Pagina:Verga - Eros, 1884.djvu/134


— 130 —

l’ambasciata di Napoli; l’altera bellezza di Velleda avea colpito il dissoluto patrizio, e soltanto dinanzi a lei, che non gli volgeva uno sguardo, egli aveva chinato la testa pelata e superba; s’era incaponito con ostinazione da uomo onnipotente a far la corte alla sola donna che non la facesse a lui. Madamigella Manfredini era troppo orgogliosa per accorgersene, e allorchè vide la prima nube sulla fronte di Alberto, ella aggrottò il sopracciglio. — Una volta che il principe s’era mostrato più galante del consueto, ella, con un cenno impercettibile, chiamò il suo fidanzato, che ronzava lì presso, e lo presentò a Don Ferdinando. Quei due uomini si scambiarono un saluto d’antipatia cordiale.

Ma la contessa Manfredini civettava col Metelliani in luogo della figliuola. Allorchè entrava in una sala al braccio di lui, o allorquando poteva presentarlo alle sue amiche, sembrava raggiante, ed era arrivata a chiamarlo semplicemente Don Ferdinando. — Don Ferdinando lasciava fare graziosamente. La figliuola al contrario conservava una serenità olimpica; soltanto allorchè le donne più nobili, più belle, più eleganti, si abbassavano a mendicare l’attenzione di quell’omiciatto, che non sembrava curarsi d’altri all’infuori di lei, le sue rosee narici si gonfiavano appena. Di tanto in tanto era distratta o pensierosa; qualche volta Alberto la sorprendeva fissando su di lui uno strano sguardo, come se Io vedesse per la prima volta, e stesse esaminandolo tacitamente: ella non avea mai voluto dirgliene il perchè, e finiva sempre motteggiandolo.