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Un lunedì che c’era più gente del solito in casa Manfredini, Alberto si trovò un momento solo vicino a Velleda sull’uscio del giardino, e si misero a parlare dell’ultima opera della Pergola, e delle corse che s’erano fatte alle Cascine. Da qualche tempo fra di loro correvano le buone relazioni di gente completamente indifferente. Velleda perciò non si mosse, e seguitava a discorrere tranquillamente e più a lungo del solito canticchiava fra i denti i motivi di cui si rammentava, e faceva strider la sabbia sotto il suo stivalino irrequieto, gli domandava come si chiamasse il cavallo che avea vinto alle corse, e a quanto ascendesse il primo premio. Alberti rispondeva un po’ distratto, come gli avveniva spesso, ma a proposito.
— Le piacciono anche a lei le corse? gli domandò Velleda.
— Non voglio che sposiate De Marchi! rispose ad un tratto bruscamente Alberti afferrandole le mani.
Ella gli lanciò uno sguardo selvaggio e stette a fissarlo in tal modo, colle braccia rigidamente tese. Non aggiunsero una parola — rimasero guardandosi. — A poco a poco gli occhi di lei si velarono, il viso si fece smorto, e le braccia si allentarono. Poi si svincolò con uno sforzo disperato e rientrò come fuggendo.