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— Sai che sei un bel biondino! gli disse nella lingua officiale del palcoscenico della Scala, il paggetto; prendendogli le mani.
— Non capisco il turco, bella mascherina.
— Non capisci che mi piaci?
— E tu? rispose Alberto, diventato ardito anche lui; sei bella?
— Guarda!
Scostò rapidamente la maschera e l’abbagliò.
— Addio, marchese Alberti! disse vicino a lui un’altra voce che lo fece trasalire.
— Sei anche marchese? domandò il paggetto.
— Ti rincresce?
— Sei così bel giovine che puoi essere anche marchese.
— Lasciate cotesta ragazza, disse ad Alberto la voce di prima con accento breve. Sono discesa in platea per voi. Devo parlarvi.
Ei si vide accanto una signora in domino, vestita di nero, tutta velata, senza un gioiello. Di quelle due donne mascherate che si contendevano il suo braccio l’una era modellata come una Venere dal costume attillato: avea i capelli ricci, l’occhio sfolgorante, il collo alabastrino, era rosea, civettuola, affascinante; l’altra non avea che il portamento del capo, l’eleganza della taglia, l’attrattiva dell’accento, il profumo aristocratico del fazzoletto, e le trine che cadevano sul guanto grigio — e bastò. Costei prese il braccio del giovane come cosa propria, e la folla li separò ben tosto dal paggetto. Andavano verso i corridoi dei palchi, la donna mascherata innanzi,