Pagina:Verga - Eros, 1884.djvu/106


— 102 —

avevano nè un sasso, nè un filo d’erba, il muro di cinta era tappezzato di pianticelle rampicanti, gli arbusti erano rimondati con cura. La casa era a due piani, semplice, bianca, circondata d’alberi, colle persiane verdi, dietro le quali si vedevano scintillare i vetri.

Allorchè il timido innamorato osò spingere un po’ più innanzi le sue ricerche, seppe che il villino era deserto, e che le signore Manfredini non erano ancora ritornate in città.


Alberti era quasi sconosciuto a Firenze. Quello stato d’isolamento dava una fittizia tenacità alla sua passione anche senza la sua immaginazione, che ostinavasi a mettere il bruno al suo cuore. — Però egli avea vent’anni.

Intanto era sopraggiunto il carnevale, e il giovane Ortis non s’era fatto scrupolo di andare ad un veglione della Pergola, era stato spinto qua e là, ci si era annoiato, ma c’era rimasto a guardare con tanto d’occhi spalancati. Tutt’a un tratto una bella mascherina gli si fermò di faccia, saettandolo di un sorriso indiavolato e con due occhi scintillanti attraverso i fori della maschera.

— Ciao!

Alberto le fissò addosso un lungo sguardo, che valeva per lo meno quanto il ciao.

La mascherina era vestita da paggio italiano del XIII secolo, svelta, fresca, elegante, e sembrava bella come un amore.