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o perchè l’abbia aperta ella stessa, senza ricordarsene poi, sentendosi soffocare dal sangue che le montava al capo. Dalle otto a questa parte è stata sempre in quello stato; non parla, non risponde, sembra non abbia conoscenza. La contessina Manfredini, la sua più cara amica, è venuta a dirle addio prima di partire, ed ella non se n’è accorta; anzi, vedendola entrare, è diventata pallida, ha chiuso gli occhi, e allorchè la sua amica volle baciarla fu côlta da un accesso di febbre o di convulsione, si diede a tremare e a rabbrividire che faceva pietà; non ha risposto una sola parola a tutto quello che le diceva la contessina, sembrava non sentisse proprio nulla, e seguitava a stringere convulsivamente la rimboccatura della coperta, come la vede fare adesso; d’allora non ha aperto mai bocca.

Il medico non diceva nulla.

— Guarda, Adele, c’è qui il tuo Alberto! riprese il signor Forlani ad alta voce.

Alberto, spinto da lui, s’accostò al letto. L’inferma lo fissò con quegli occhi spalancati, lucidi e senza sguardo talmente che egli non potè fare a meno di chinare i suoi.

— Stai male, povera Adele? mormorò con voce commossa.

La poverina incominciò a tremare, come fosse côlta dal ribrezzo della febbre, ma non rispose.

— È il tuo Alberto! insistè il babbo.

Ella tremò più forte.