Pagina:Verga - Don Candeloro e C., 1894.djvu/216

208 Don Candeloro e C.i


— Ti accompagno io, — tagliò corto la zia. — Mastro Nunzio è un galantuomo.

La sera stessa, dopo chiusa la bottega, si riunirono nella merceria loro quattro, lei, Bruno e i Marzà, per dire ciascuno la sua ragione. Bruno stava zitto e grullo, mastro Nunzio guardava in terra. Nunziata versava il vino nei bicchieri, e toccò quindi a comare Menica parlare:

— Bisogna finirla. È una porcheria. Tutto il paese non discorre d’altro. Io non me ne vado di qui se prima non si conclude il matrimonio.

Nunziata allora si mise a piangere. Bruno guardava ora lei e ora suo padre. La ragazza infine, vedendo che non diceva nulla, prese a sfogarsi:

— Ditelo voi stessa, comare Menica!... Dopo avermi lusingata per tanto tempo! Dopo tanti giuramenti! E quello che ho fatto per lui.... che sarebbe meglio buttarmi nel pozzo, adesso!

— Io non mi tiro indietro, — borbottò lui. — Per me non manca.

— Dunque per chi manca? — conchiuse la zia Menica, guardando ora il padre ed ora la figlia.

Nessuno aprì più bocca, finchè Bruno s’alzò in piedi, e prese un bicchiere dal banco.