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188 | Don Candeloro e C.i |
zando la sua Agnese, e rinfrancava la voce così dicendo, per dare ad intendere ai gonzi che dormiva su due guanciali, riguardo ai suoi interessi. A San Giovanni che il paese intero bestemmiava Dio e i santi, lagnandosi della malannata, aveva il coraggio di dire soltanto lui: — Non c’è tanto male, poi. Potrebbero andar peggio le cose. Lì, a Terremorte, ci ho venti salme di maggese. Calcoliamo pure sulla media.... Ho avuto buone notizie della lite, laggiù....
Ma parlava così perchè nel crocchio che stava a sentir la musica in piazza era pure la sua figliuola, seduta accanto allo sposo, colla veste di mérinos e il cappellino comprato a credenza. Sembrava così intenta, la cara fanciulla, senza un pensiero e senza un sospetto al mondo! Il dottor Zurlo invece aveva certi occhi inquisitori, e insisteva con certe domande indiscrete che facevano sudar freddo il povero don Basilio: — E quanto credete che vi daranno le Terremorte? E che n’è della causa? Vi siete messo in una grossa impresa, voi. Io nei vostri panni non dormirei più la notte... Con una malannata simile! Le meglio famiglie non sanno come va a finire, vi dico! A metter su casa ci penserà bene ogni galantuomo, quest’anno! — Per poco non si sfogò col figliuolo