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168 | Don Candeloro e C.i |
ricamate, scavalcando seggiole e panche meglio di una capra. Una baraonda da farvi badare al portafoglio o alla catenella dell’orologio, se era il caso, chè il giudice a buon conto appioppò una stangata sulle spalle a Cheli Mosca, per tenerlo in riga.
Infine, qualche bene intenzionato, coll’aiuto del giudice e delle altre autorità, sgridando, strepitando, pigliando la gente per il petto del vestito, correndo di qua e di là, come cani intorno al gregge, riuscirono a mettere un po’ d’ordine e ad avviare la processione che doveva recarsi alla Matrice, come al solito, per ringraziare il Signore, la ciurmaglia innanzi, alla rinfusa, a spinte e a sdruccioloni per la viuzza dirupata, e i galantuomini dietro, a due a due, colla corona di spine e la disciplina al collo, che da ogni parte correvasi a veder passare a quel modo i meglio signori del paese, baroni e pezzi grossi, cogli occhi bassi, e le finestre erano gremite di belle donne — una tentazione per quelli che passavano in processione colla corona di spine in testa. Nel terrazzino del pretorio Donna Cristina-del-giudice chiacchierava colle sue amiche, e faceva gli onori di casa quasi fosse la padrona.
— Sicuro! Donna Santa Brocca! Bisogna dire che