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Il peccato di Donna Santa 167

Ohimè! — Che vedeste allora! Chi diceva che erano proprio i diavoli, chi piangeva ad alta voce, chi si buttava ginocchioni. La vedova Rametta, che aveva il marito sepolto lì di fresco, svenne dalla paura, e due o tre per simpatia. La povera Donna Santa Brocca poi, già debole di mente per la gravidanza, i digiuni e le devozioni, sbigottita fra i rimproveri del marito e le invettive del predicatore, sofferente dal caldo, dalla vergogna, dal puzzo di zolfo, fu colta all’improvviso dagli scrupoli, o da che so io, cominciò a smaniare e a stralunare gli occhi, pallida come una morta, annaspando colle mani in aria, gemendo: — Signore!... Sono una peccatrice!... Pietà e misericordia!... — e tutt’a un tratto, crac, fece la frittata.

Figuratevi il putiferio: voci, strilli, mamme che scappavano, spingendosi innanzi le ragazze curiose di vedere: insomma, un parapiglia. Gli uomini, nella confusione, invasero il recinto riservato, a dispetto del giudice che brandiva la canna d’India, e gridava come fosse in piazza. Corsero pugni e pizzicotti, nel pigia pigia. Quella fu anzi l’occasione che Betta l’indemoniata si rimise con don Raffaele Molla, dopo tante liti e tante vergogne che erano state fra di loro, e la Caolina fece vedere a chi voleva le brachesse