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Il peccato di Donna Santa 163

roba del padrone; pei libertini che congiuravano contro i Borboni nella farmacia Mondella; per tutti quanti insomma, poveri e ricchi, ragazze e maritate, che ciascuno nel paese conosceva le marachelle del vicino, e diceva in cuor suo: — Meno male che tocca a lui! — a ogni peccato che sciorinava fuori il predicatore, e la gente si voltava a guardare da quella parte.

— E allorchè sarete nelle fiamme eterne, poi, cosa farete?... Guai!

— Cos’è? — borbottò Donna Orsola Giuncada all’orecchio della figliuola, la quale dimenavasi sulla seggiola, quasi fosse realmente sui carboni accesi, per sbirciare Ninì Lanzo, laggiù in fondo. — Cos’è?

Ti vengono i calori adesso? Bada che te li fo passare con qualche ceffone, ehi!

Intanto pareva di soffocare, in quella stia. Fra il caldo, l’oscurità, il sito greve della folla, quelle due misere candele che ammiccavano pietosamente dinanzi al Cristo dell’altare, il guaito del chierichetto che vi cacciava indiscretamente sotto il naso la borsa delle elemosine, il vocione del predicatore che intronava la chiesa e faceva venire la pelle d’oca, da sentirvi mancare il fiato. E sembrava allora che