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cio, il cappellano solito, nessuna eccettuata, a cominciare dalla Flavetta, ch’è tutto dire. Suor Gabriella non disse nulla, ma non si confessò neppure, nè coi liguorini, nè col cappellano ordinario, quindici giorni interi. La superiora quindi, a far vedere che non era una Mongiferro per nulla:

— Suor Gabriella, precetto d’obbedienza, andate a confessarvi da don Matteo Curcio.

Suor Gabriella fece anche questa, si presentò al confessionale, con quell’alterigia di casa Flavetta:

— Son venuta a fare atto d’obbedienza alla madre badessa. Mi presento.

E null’altro. Il povero don Matteo Curcio, buono come il pane, non potè frenarsi questa volta.

— Voi altre signore monache siete tutte superbe, — disse, — ma vossignoria è la più superba di tutte.

Bellonia però tenne duro: o il padre liguorino, o niente. Pecu-Pecu dovette tornare a infilare il vestito nuovo e venire a intercedere. L’abbadessa dura lei pure.

— Anche le educande adesso? Ci voleva anche questa adesso! Perchè lo tengo padre Curcio allora?

Pecu-Pecu, che gli cuoceva ancora la spesa dei liguorini, non sapeva darsi pace. — O bella! Come