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126 | Don Candeloro e C.i |
a interrompere. — Basta. — Lo sappiamo. — Ai voti, ai voti. Le lingue si confusero, e successe una babilonia. Allora saltò su fra Giobattista; ch’era stato zitto, e disse la sua: — Signori miei, a che giuoco giuochiamo? Altro che perdere il tempo per sapere se deve essere Tizio o Caio a pigliare il mestolo in mano! Qui si tratta che stasera non si sa chi lo piglia sul capo, il mestolo!
Successe un putiferio. Fra Mansueto, che aveva la maggioranza, voleva approfittare del momento e passar subito ai voti. Fra Giuseppe Maria protestò invece che se ne lavava le mani. — Sì e no. — Una baraonda. In quella si udì scampanellare in furia alla portineria. — Un momento! — strillò fra Giobattista come un indemoniato, colle mani in aria. — Un momento! Eccoli qua!
Che cosa? Lo sapeva lui solo, che uscì correndo, colla tonaca al vento. Era proprio quell’altro, Scaricalasino, ansante e trafelato, che veniva a pigliar chiesa, quasi ci avesse già gli sbirri alle calcagna; poi Malannata, gongolante, e altri ancora, che confermavano la mal nuova. Vito Scardo li piantò tutti in asso, e capitò di nuovo come una bomba in mezzo ai reverendi che si accapigliavano già.