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Il tramonto di Venere 103

chè lo pagava e lo manteneva, e si rompeva al grazia di Dio, laggiù al Carcano, per mantenergli anche la casta diva! — Allorchè era in bestia la signora Leda sbraitava tal quale come la sua portinaia, e vomitava gli improperi che aveva inteso al Verziere, quando stava da quelle parti. — Puzzone! Svergognato! Ti pago perfino il sigaro che hai in bocca!... — Scendere sino a queste bassezze, via! Talchè Bibì stavolta perse il lume degli occhi e l’educazione, e gliene disse d’ogni specie anche lui, buttando in aria ogni cosa, dediche, omaggi, ritratti e corone sotto vetro, tutto quanto v’era in salotto, e quando non ebbe più che dire buttò anche le mani addosso a lei, senza riguardo neppure al rossetto e alle finte che costavano 50 lire al paio. — Già al Carcano non ci avrebbe ballato più per un pezzo, la brutta bestia, tante gliene diede, — e il meglio era di prendere il cappello e andarsene via, poichè il vicinato era tutto sul pianerottolo, e colla Questura lui non voleva averci a che fare di nuovo, dopo che gli aveva rotto le scatole per altre sciocchezze.

Stavolta sembrava bell’e finita per sempre fra Bibì e la sua signora. — Ciascuno per la sua strada, e alla grazia di Dio tutt’e due, in cerca di miglior for-