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98 | Don Candeloro e C.i |
ai baffi, e si metteva in ghingheri per andare ad applaudirla, gratis et amore.
— Ma il ballo nuovo del cavalier Giammone non me lo porta via, no! — giurò a sè stessa la bella Leda.
Da un mese, Barbetti e tutti gli altri giornalisti che vendono l’anima a chi li paga, non facevano altro che rompere la grazia di Dio ad artisti ed abbonati con quel nome della Noemi stampato a lettere di scatola. Già erano in tanti a far la spesa degli articoli, i protettori della casta vergine! Ma il ballo nuovo del cavalier Giammone non l’avrebbe avuto, no!
Il cavaliere stava appunto parlandone coll’impresario, chiusi a quattr’occhi, dinanzi al piano del Gran Poema storico-filosofico-danzante, sciorinato sulla tavola, allorchè capitò all’improvviso la signora Leda, in gran gala, e col fiato ai denti.
— Cavaliere mio!... scusatemi!... Non si parla d’altro sulla piazza!... Sarà un trionfo, vi garantisco!... Lasciatemi vedere...
— Ah! — sbuffò il coreografo colto sul fatto. — Oh!...
E si buttò sulle sue carte, quasi volessero rubargliele. L’impresario, dal canto suo, diede una famosa