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tornato a casa la sera, senti il principio dell’ultimo suo male, al quale diede augumento con i disordini di cibi insalubri e di vini misti con acque fredde e circondati di ghiaccio. Debilitò anco se stesso per li spessi ed immoderati abbracciamenti della moglie, tanto da lui amata, quanto è noto a tutti. Aveva co- gnizione Sua Altezza di molte cose e di vari secreti della natura e, sopra di quelli fondandosi, si mostrava alieno dai medici e medicamenti, e non solo non si serviva d’essi, ma publica- mente li detestava, confidandosi nei suoi occulti rimedi, i quali per il piú dipendevano o da materie minerali preparate o da ogli ed acque, secondo la sua arte, distillate. Avea ben appresso di sé un medico, il qual era semplice empirico e seguitava nel medicare la volontá e l’opinione del granduca. Era beni- ficato da Sua Altezza e posto in reputazione del granduca, e, essendogli molto confidente, gli fu anco sempre assistente nella sua infermitá, la qual, essendo di febbre maligna, in un soggetto mal disposto per la copia degli umori e debole per li disordini, con brevitá e con celeritá potè condurlo a morte. Quando dunque cominciò a perdere il senso ed il moto, il Cardinal suo fratello, che ogni anno da quel tempo soleva andare a godere i piaceri delle cacce di quel paese, allora vi si trovava presente; e, veduto lo stato mortale, al qual era redutto, fece levare una cassetta dal luogo, dove era, nella quale esso gran- duca teneva i contrassegni delle fortezze ed altre cose impor- tanti e secrete, che perciò sempre voleva averla appresso di sé, e ordinò che fosse portata nella sua camera. Dispose la guardia di tedeschi e di suoi cortegiani alla sua persona e, esalata che fu l’anima del fratello, che poteva essere intorno alle quattro ore di notte, si preparò per andare in Fiorenza. Temeva che, essendo pervenuta la nuova della morte alla cittá e sentendosi lo strepito del suo ingresso cosi improvviso, non si eccitasse qualche tumulto: perciò, per assicurarsi, pensava di far venire appresso di sé le bande dei soldati di Prato, che erano piú vicine al Poggio, dove allora si ritrovava. La causa di te- mere era per esser stato quel popolo aggravato assai dal gran- duca Francesco, per esservi in esso gran povertá e per sapersi