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che per veritá Sua Altezza sia nell’intrinsico ottimamente dis- posta ed inclinata verso la Serenitá Vostra, avendomi piú di una volta giurato essa granduchessa, per la vita delli figliuoli, che, prima che nascessero nel granduca quei disgusti di sopra commemorati, Sua Altezza di niuna cosa parlava con maggior gusto né con maggior contento che di poter far, in occasioni grandi, qualche signalata dimostrazione dell’animo suo verso questa serenissima republica; e che, anco dapoi che io era a quella corte, ragionando il granduca con lei, intorno li dubi che Vostra Serenitá aveva di una guerra turchesca, le disse con molto affetto che, se venisse il caso di detta guerra, la vede- rebbe quello che, non con parole, ma con veri effetti, ella fa- rebbe in servizio della Serenitá Vostra. Ed il medesimo mi è stato riferito da altri, che lo hanno udito dalla bocca propria del granduca. E, se ben par che questa opinione repugni assai a quello che è successo nel negozio delle robbe della nave Gaiana. nondimeno, avendosi pur veduto quanto estraordina- riamente io sia stato per solo rispetto della Serenitá Vostra recevuto e onorato da Sua Altezza e con quanta dolcezza e amorevolezza ella abbia trattato meco, sempre con parole affet- tuosissime e piene d’ogni maggior reverenza ed ossequio verso la Serenitá Vostra, si può anco metter in qualche considera- zione quello che intorno a ciò mi ha detto la granduchessa, cioè che la durezza, che non si può negar che Sua Altezza non abbia dimostrata nella restituzione delle predette robbe, non sia in alcun modo proceduta da mala volontá di cuore, ma da una simplice gelosia della sua riputazione, impressale da’ maligni di Roma, per quanto mi son andato ognora piú certificando. Li quali certa cosa è che, con occasione delli sopradetti disgusti, e della lettera specialmente che Vostra Se- renitá le scrisse a 18 novembre passato, avendo ponderato e considerato a Sua Altezza (per natura desiderosissima, per non dir ambiziosissima, sopra ogni credenza umana, di esser tenuta e stimata dal mondo per prencipe libero, grande e potente) che Vostra Serenitá voleva tener sopra di lei superioritá e dominio, le alterorono l’animo talmente, che, senza altro pensare, la mossero