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credenzieri, trincianti, despensieri e simili, e ad alcune altre persone civili e di rispetto, ma non gentiluomini, venuti in compagnia de’ nostri, con tenersi corte, si può dir, bandita in tutti questi due principali alloggiamenti, perché a tutte le ore e senza distinzione si serviva chi ne addimandava. Intanto che si fa conto che tutta la spesa, che si faceva tanto per conto nostro quanto delli signori Capelli e monsignor patriarca Grimani, arrivasse a 1200, o poco manco, scudi al giorno. Né è da tacere che stava del continuo al palazzo nostro, oltre una guardia d’alabardieri allemani, ordinariamente un gran numero di cocchi per servizio nostro e de’ nostri, essendone deputato, per ogni quattro gentiluomini, uno. Tale adunque è stato l’ospizio ed il ricevimento nostro, niente inferiore, come Vostra Serenitá intende, se fossimo stati due re o altri maggior prencipi. Si siamo fermati in quella cittá, oltre l’espettazione nostra, 10 spazio di venti giorni, non contando il primo giorno che vi arrivassimo, né quello che partissimo, non stimando noi da principio d’arrivare a dieci, ancorché nessun giorno delli venti era passato oziosamente. Perché dall’arrivo nostro fino alla prima audienza datane dalla granduchessa, che fu con due giorni d’intervallo da quella del granduca, vi si misero cinque giorni: tutto 11 resto si consumò tra il sponsalizio con le feste, tra Tesser stati fuori al Poggio, a Castello ed a Pratolino, ed a vedere le gioie, li camerini di Sua Altezza, ed il Casino dentro la cittá. Tutte le quali cose, senza grand ’offesa e dispiacere delle Altezze Loro, non si avevano potuto pretermettere; in modo che si conducessimo al giorno di domenica, che, per esser festa, non ostante ogni nostra istanza fatta, e quel giorno e gli altri inanzi, per partire, non volsero concedernelo. Né restaremo di dire alla Serenitá Vostra che nella vista delle gioie, e per la quantitá e qualitá, restò ognuno non pur maraviglioso, ma confuso, essendovi, oltre parecchi bellissimi fili di perle di dieci in dodici e piú caratti, gran copia d’altre gioie in monili, in giogelli, in orecchini, ma sopra tutto in tre grandissime cinte o colari, tutti di diamanti e rubini, e specialmente