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Ho avuto per segretario messer Bortolomeo de’ Franceschi, la virtú, bontá e sufficienza del quale, come, in tante legazioni, in tanti carichi con somma lode amministrati e in una cosí lunga e continua servitú, molto bene dalla Serenitá Vostra conosciuta, non ha però bisogno del mio testimonio. Dirò che, cosí come la Serenitá Vostra non ha da invidiare per valore e fede un simile ministro a qualsivoglia prencipe del mondo, cosí lui, immitando le vestige di tutta l’onoratissima sua casa, sará sempre pronto a spender tutto quello ch’avrá in suo potere in servizio di questa serenissima republica. Di me poi ho poco che dire, salvo che, avendo io con ogni mio potere e forza, non riguardando a spese né ad incommodo, nell’avermi posto all’ordine due, tre o quattro volte, e sempre diversamente, secondo la diversitá dei tempi nei quali mi fu commesso, e in essa procurato di sostenere la dignitá della Serenitá Vostra in quella maniera che dal debito mio si conveniva, ho anco similmente con tutti li miei spiriti invigilato a ben esseguire le commissioni sue. Piacque poi al granduca, al partir mio, d’appresentarmi di quelle due pezze di panni di seta e oro, che sono a’ piedi di Vostra Serenitá, e di quelle due d’ormesino. Delle quali se piacerá a Vostra Serenitá e alle Signorie Vostre eccellentissime di farmene dono, cosí come saranno sempre appresso di me un chiaro segno e un vivo testimonio della grazia sua e della sodisfazione c’ha preso del mio dovuto servizio, cosí anco mi saranno un ardentissimo stimolo, non dirò di spender la vita e la robba in servizio suo, poiché queste giá di natura se le devono, ma di farle, come pur le faccio, della mia volontá un eterno sacrificio ed olocausto. Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato - IH. 16