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gente, per quello che ella potesse, ed infine in alcuna sua ricniesta non aver mai la negativa. Ché, quando se ne volesse fare padrone, saria sicuro che quei uomini, avezzi alla libertá e d’essa, qual ella si sia, gelosissimi ed amantissimi, ricchi piú tosto di danari contanti e di facoltá mobile che di possessioni o altri beni stabili, abbandonando la patria, lasciariano le mura e non la cittá, che consiste negli uomini, sotto il dominio suo, e ne perderia in gran parte il commodo che ora ne riceve. Avendo sin qui narrato quali siano l’intelligenze che ha questo prencine con gli altri, o per confini e vicinati o per potenza e reputazione, degni di considerazione, mi resta solo a dire quale sia la disposizione dell’animo suo verso questa serenissima republica, avendo ciò riserbato in quest’ultimo luogo, come cosa che, per l’utilitá che porta la cognizione d’essa, suol esser ultimo scopo e fine di chi riferisce. Questa, dunque, se dalle cose estrinseche, dalli segni apparenti e da estraordinarie dimostrazioni si può comprendere, ed anco dalla ragione di Stato, e l’utilitá propria, che è solo argumento che vaglia nelle menti de’ prencipi, lo può persuadere, debbo conchiuder che sia benissimo affetto o si sia almeno tale dimostrato. E, quanto a’ segni, tanto è stata onorata la Serenitá Vostra in questa legazione, tanti e cosí grandi sono state l’estraordinarie dimostrazioni, non solite a farsi mai, non solo da quel prencipe, ma neanco dagli altri ad alcuno suo rappresentante, che forse poco piú si poteva fare, se fosse ancora venuto un re. E. per dir alcuna cosa delle molte, oltre a quelle che ho scritto, ritrovai, la sera ch’io entrai in Fiorenza, oltre l’onorato incontro e gran concorso di gente, come significai alla Serenitá Vostra con mie lettere, preparato il palazzo de’ Pitti per mia stanza rcgahssimamente, dove m’aspettavano sei di quelli principali cavalieri e gentiluomini del granduca, i quali ebbero cura, per tutto il tempo ch’io sono stato in Fiorenza, di tenermi compagnia, cosí in casa come fuori, accompagnandomi sempre per la cittá a vedere le cose piu degne e da piacer, non mi lasciando mai senza la maggior parte di loro, se non le ore della commoditá. Stava poi il granduca in continuo desiderio d’intendere come passavano le cose e come