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giá, con animo di gran lunga superiore alle forze, principiato da un gentiluomo, nominato Luca della casa de’ Pitti, che li fece tutta la parte dinanzi, ma, impoveritosi, fu sforzato venderlo al duca Cosmo. Fu, dopo, costui, per cose di Stato, fatto morire. Oltre a questo, ne fabrica il granduca un altro in un luogo e sito silvestre, chiamato Pratolino, qual è disegno ornare con molte logge e sale, che al modo di quello di Tivoli gettaranno l’acqua; della forma del quale si gloria d’essere stato lui l’inventore, ed ha invero molto del grande. Ne ha poi due altri, pur per suo diporto: l’uno, addimandato il Poggio, lontano dieci miglia da Fiorenza; l’altro, lontano dalla cittá due miglia, che si chiama Castello: ognuno de’quali, per il sito, per la fabrica ed ornamento di fontane ed altro, sono di molta bellezza. In modo che anco per questo capo ha poco che desiderare. Ora, avendo io raccontato le cose possedute da questo prencipe, cosí le proprie della guerra e della pace e le communi dell’una e dell’altra, giudico d’avermi espedito delle cose esterne. Onde, passando all’interne, dico che di questo Stato, di queste forze e di questo governo è capo e prencipe assoluto Francesco de’ Medici, nato di questa casa, si può dire, fatale, meritando ella molto bene questo nome, perché, in tanta varietá di fortuna, in tanta mutazione di cose, non solo s’è conservata, ma in modo accresciuta dalle guerre, che s’è assicurata dalle persecuzioni e fatta grande e da’ suoi propri nemici essaltata e che quel seme di prencipato, che gettò giá Cosmo vecchio, chiamato «il grande» per la grandezza delle cose grandi da lui fatte, dopo molta varietá di successi, abbia prodotta la pianta di Cosmo, padre di questo: il quale dava felice auspicio di benignissima fortuna, da stato privato inalzato al principato, guidato dalla virtú del suo ingegno e dalla medesima fortuna accompagnato, vinti e debellati tutti li suoi nemici, scoperte tutte le congiure, con l’armi e col negozio accresciuta la riputazione e il Stato; ultimamente, con costjtuir il figliolo al governo, ad imitazione di Carlo quinto, assicurò del tutto la successione nel suo sangue. Questo, mentre governò, cioè prima che vi sostituisse il figliolo, che fu anco in vita della duchessa sua moglie, procurò,