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una cittá vuota di abitanti, senza traffichi e senza mercanti, la lascia vivere in pace, potendo in ogni caso prenderla a suo piacere. Poiché ho parlato della intelligenza, che ha il duca di Fiorenza con li re ed altri principi di considerazione, è conveniente considerare qual sia l’animo suo verso questa serenissima republica; il quale, per tnio giudizio, sará tenuto dalla Serenitá Vostra e dalle Signorie Vostre illustrissime poco buono, facendone congettura dalle cose che io ho da narrarle. Perché il duca di Fiorenza, per esser fiorentino, non può, per openion mia, aver buon animo verso la Serenitá Vostra e verso le Signorie Vostre illustrissime, perché, per le discordie e guerre passate tra fiorentini, al tempo della republica, e questo serenissimo dominio, sono antiquissimi gli odii e la invidia di quella nazione verso la nostra. Oltre che, si vede chiaramente che il duca, per esser principe nuovo, per non dir tiranno di tre republiche, abborrisce ed odia necessariamente questo santissimo nome di libertá; e che di piú, avendo Sua Eccellenza dependenza strettissima con la casa d’Austria e conoscendo da lei il principato e lo augumento della sua grandezza, le par di acquistar merito appresso di lei col mostrar di tener poco conto dell’amicizia della Serenitá Vostra e di esser poco amorevole della presente republica, la grandezza e reputazione della quale è senza dubio invidiata dalli maggiori principi di cristianitá, ma tanto piú da Sua Eccellenza, quanto che, desiderando ella di esser tenuta per il maggior principe d’Italia, per esser come arbitro, in questa nobilissima provincia, della guerra, della pace e di ogni altra cosa, pare che a questo suo dissegno osti solamente la grandezza della Serenitá Vostra, alla quale senza dubio è dato il primo luogo di grandezza e reputazione tra i maggiori principi d’Italia. Questa volontá ed animo del duca verso questa serenissima republica lo ha confermato e sigillato Sua Eccellenza in questa occasione deU’ambasceria mandatale dalla Serenitá Vostra. Perché, lasciando da canto le poche cortesie usate da lei e da’ suoi ministri il giorno della comedia ai nostri gentiluomini, né