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del duca, fece acostare a’ confini il prencipe don Tadeo Bar barino, che, come generale di santa Chiesa, intesa la morte, entrò in Gubbio e ne prese il possesso, passando per lo resto di tutto lo Stato, accolto ed onorato con segni d’intiera divozione. Conquista tanto piú felice, quanto col ramo d’oliva in mano si vidde in pochissime ore aggrandita la Chiesa d’un Stato intiero, posto nelle viscere d’Italia ed in sito maraviglioso ed importante, a cui né l’esercito vittorioso degl’imperiali, che possedeva Mantova, né la mala inclinazione de’ spagnuoli verso questo pontificato, né altro rivolgimento de’ piú cupi pensieri ha potuto intorbidare la gloria e la contentezza ad Urbano VIII, che lascerá a’ posteri la memoria di questa buona fortuna. Ad ingrandire la quale essendo successo al prencipe don Tadeo, con pompa maggiore e con titolo di legato e con pienissima potestá in tutte le cose, il Cardinal Antonin, suo fratello, diede ordine al governo, fece molte grazie e grandissime elemosine, e constitui la legazione con quegli stessi modi, co’ quali s’essercitano quelle di Bologna e Ferrara, prefigendo con termini eterni eterno il dominio della Chiesa, che doverá aver fine col mondo.