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che la soverchia confidenza pregiudicò al negozio, che fu lunghissimo e molto favorabile agli ecclesiastici, i quali non solo, con scrittura che fu poi sottoscritta da tutte le parti e dal colleggio istesso de’ cardinali, rimasero padroni di tutti i feudi e di tutte le rendite ad essi attinenti, ma de’ palagi medesimi fabbricati dai predecessori del duca e di tutte l’altre comoditá, che con le fabbriche ducali vanno congionte. Aquisto considerabile per la magnificenza di essi e per l’esempio di quei di Ferrara, che fra l’armi e le contese restarono alla casa d’Este, che tuttavia li possiede. Né qui si fermò la negoziazione de’ sopradetti ministri fiorentini, ma frapostisi anco nelle cose dello Stato, vennero a Castel Durante con monsignor Virile, oggidi cardinale, allora maggiordomo del Cardinal Barberino, e presentarono al duca una forma di giuramento da prestarsi al papa dai governatori delle piazze e da’ capitani delle milizie, che, sebene fu approvata e stipulata, dispiaque nondimeno cosí vivamente a Sua Altezza, che se ne amalo di cordoglio e se ne dolse fino al cielo. Questo era un giuramento, che si legge negli annali del regno d’Arragona, scritti da Girolimo Zurita, essere stato inventato da Ferdinando il cattolico per imbrigliare il regno di Navarra; e quest’istesso diedero a Virile i capitani di cernide e i governatori e tenenti di San Leo, Pesaro, Sinigaglia, che sono i tre luoghi forti dello Stato, giurando di consignare al papa, dopo li giorni del duca, le piazze e le milizie; e di piú giurava il duca di non mutarli, se prima non avessero fatto lo stesso giuramento, e di non potersi mettere se non suoi sudditi. Cosi con esquisito modo e con piena sodisfazione del pontefice stava assicurata la successione e pareano disfatti gl’incanti, e con tal pegno si licenziorno le fanterie, che eran ne’ confini, e si giudicò che inviolabile fosse la sicurezza della devoluzione dello Stato al morire del duca. Il quale, piú che mai fisso nella sua malinconia, fatto strano con tutti e impazientissimo a simile atto di servitú, non admetteva piú né consulta, né conversazione; anzi, quasi astratto dal mondo, pareva che meditasse e che pensasse alla morte, prò vedutosi giá di sepoltura, che fabricò sotto