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Ma il conte Mamiani, intimo del duca e che poteva piú solo che tutti gli altri insieme, rispondeva non potersi differire la risoluzione, perché il pensiero d’essa affligeva in maniera l’animo del suo signore, che non trovarebbe mai quiete, se non vedeva terminata questa faccenda; che anzi, per essere l’ultima della sua casa, non voleva che fosse prevenuto dalla morte, la quale giá lo teneva per mano, conoscendosi che la passione era tanto maggiore quanto piú rinchiusa, non sodisfacendo all’animo di Sua Altezza altre speranze o altri dissegni, giaché vedeva di modo estinta la sua fortuna, che a farla risorgere miracoli e non umane considerazioni vi volevano; e che perciò si pensasse di portare al duca negozio digerito e conclusione chiara, altrimenti la farebbe da se medesimo, come in effetto fatta l’aveva. Perché, essendo in quei giorni venuto da Fiorenza il conte Orso Elei a condolersi a nome di quelle Altezze, e dopo sendo anco arrivato il cavalier Andrea Cioli, tutti due principali ministri del granduca di Toscana, negoziarono questi tanto alle strette col conte Mamiani, che fecero apparire che il loro prencipe si sarrebbe contentato di prendere per se medesimo la bambina, ricevendola subito in casa sua per farla educare e nutrire e per sposarla poi a suo tempo; né richiedere altro al duca, se non che permettesse che la figliola passasse a Fiorenza con carta di Sua Altezza, che per erede sua la nominasse. Come segui in termine piú tosto d’ore che di giorni e con celeritá cosí risoluta, che, posta la bambina in una lettica, accompagnata dal solo conte Mamiani e sua moglie (che buone mercedi ne riportorno), si trovò prima condotta fra il serenissimo sangue de’ Medici che avesse conosciuto il proprio, dal quale altra dote non riportava ch’un foglio sottoscritto dal duca, che con sobrie ma pregnanti parole diceva di prometterla sua erede e di consegnarla per tale.

Intanto, dopo esser stato a Castel Durante monsignor Pavoni, spedito dal conclave apostolico a visitare e consolare il duca, si publicò per nuovo e sommo pontefice Maffeo Barberino cardinale, che Urbano VIII si fe’ chiamare, soggetto di cosí gran considerazione, che, per quello che si vidde poi, parve da Dio