Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. II, 1913 – BEIC 1905390.djvu/200

Sua Eccellenza, si coni’io mi son sforzato in quel miglior modo che ho potuto di rappresentar con mie lettere a Vostra Serenitá, mi disse Sua Eccellenza che parlava tanto piú volentieri, quanto che parlava con la bocca del signor duca suo padre. Nella qual materia avendo scritto assai abondantemente, io non mi allargarci per non dar tedio alla Serenitá Vostra. Ma dirò solamente che mi è stato commesso piú e piú volte da Sua Eccellenza che io raccomandi alla Serenitá Vostra la difesa del Friuli, o col fortificare Udine o in qual altro modo che sia possibile; e, se non viene riputato importante il difendere il Friuli dalle corerie de’ turchi, almeno si facci un forte alla Livenza per non lasciarli penetrar piú adentro nel Stato di Vostra Serenitá: perché sarebbe pur cosa troppo miserabile lasciar loro cosí aperta la strada e senza impedimento che possino correre fin sopra la faccia di questa cittá, bruciando le ville, dando il guasto alle campagne e menando in misera cattivitá tanti sudditi della Vostra Serenitá, che le hanno dato e danno tuttavia tanta utilitá nelli presenti importantissimi bisogni della guerra. La Serenitá Vostra sapientissima la metta queste considerazioni del signor duca in quel costrutto che li pare, e faccia le provisioni a tempo ed a sufficienza. Il che sia detto con quella maggior riverenza che mi si conviene. Dell’altre cose, che mi disse Sua Eccellenza, non credo che mi bisogni far replica, cioè della lega, delli porti, del caparar soldati forestieri e di fare che li soldati sieno meglio trattati, perché son sicuro che la Serenitá Vostra e le Vostre Signorie eccellentissime dalle mie lettere Laveranno inteso abondantemente. A tutte queste cose io risposi in quel miglior modo che mi somministrò quella poca intelligenza ch’io ho acquistato nel tempo che io ho servito la Serenitá Vostra nello eccellentissimo Collegio, tre volte Savio a li ordini: nel che se io ho satisfatto la Serenitá Vostra, io ne ringrazio la Maestá d’Iddio e ne sento consolazione grandissima; se anco io non avessi cosí del tutto satisfatto, io prego la Serenitá Vostra ad escusar le mie imperfezioni ed accettar il buon e fidel animo mio. Non posso però restar di dire che è talmente diffamato che li soldati sieno stati maltrattati, e se ne sentono cosí per ogni