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a quel dominio, ebbe buona occasione, usando cortesie ed essendo ministro, che molti ottenessero delle grazie e, mostrando molte belle qualitá sue, di acquistarsi l’amore e la benevolenza di tutti quei popoli. A Guido Antonio nella sua vecchiezza nacque un figliolo, che ebbe nome Od’Antonio, e cosí Federigo restò escluso da quel dominio; ma non però per questo si diminuí verso la sua persona l’affezione di quei popoli, che le virtú sue gli avevano conciliata.

Od’Antonio, dopo la morte del padre, dominando molto licenziosamente e insolentemente, fu da alcuni congiurati, essendo molto giovanetto, morto, senza lasciar dopo lui alcun erede; onde da tutti quei popoli fu chiamato per comun consenso per signore Federigo, il quale non solo ebbe dal pontefice quel Stato in feudo, ma fu anco creato il primo duca d’Urbino. Lasciò questo Federigo, dopo la sua morte, erede del Stato suo Guido Ubaldo suo figliolo, il quale, benché pigliasse moglie e attendesse anco ne’ primi anni suoi all’essercizio della guerra, restò niente dimanco molto presto stropiato dalle gotte senza speranza d’aver figlioli. Questo fu quel principe che, non potendo attender ad altro essercizio per l’indisposizion sua, si messe in animo di volere una floridissima corte e piena d’uomini rari in ogni professione; onde, facendo cortesia ad ognuno, insieme con Elisabetta Gonzaga sua consorte, anzi facendo a gara l’un con l’altro nel far accoglienze e trattenergli uomini virtuosi, misse insieme il maggior numero d’essi che in corte di qualsivoglia altro gran principe si sia per ancora ritrovato, anzi diede la norma e l’esempio di una ben instituita corte agli altri principi del mondo. Questo Guido Ubaldo adottò per figliolo, con consenso del pontefice, Francesco Maria Della Rovere, figliolo d’una sua sorella e del prefetto di Roma, che era signore di Sinigaglia, il qual prefetto fu nipote di papa Sisto IV e fratello carnale di papa Giulio II. Francesco Maria si diede all’essercizio dell’arme, nel quale fece cosí grande riuscita, che meritò esser chiamato «il lume e splendor d’Italia». Ebbe molti onoratissimi carichi nella milizia: fu capitano generale di Vostra Serenitá, e poco