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Santitá col concistoro gli diede Pesaro. Di questi Stati alcuni sono in Romagna, com’è Pesaro; alcuni nell’Umbria e questo è Urbino. Vi son poi alcune terre che son poste nella Marca anconitana; e queste sono Ugubio e Cagli. La larghezza di questo Stato è di 50 miglia, la lunghezza 120. Questo Stato confina col pontefice e col duca di Firenze. Con lo Stato del pontefice da tre parti: da Pesaro con Rimino, Pesaro e Sinigaglia con Fano, Ugubio con Ancona. Confina lo Stato di Urbino dalla banda di Toscana col Borgo San Sepolcro: gli ultimi luoghi da quella banda sono la Mola e Mercatelo, luogo assai forte; dalla parte d* Ugubio con la Cittá di Castello e con Perusa, con que’ luoghi di casa Bagliona: dall’altra parte l’ultimo luogo è la Pergola. E si può dire che i Stati del duca siano nel centro dei Stati della Chiesa. Si potrebbe ancor dire ch’egli confinasse con la Serenitá Vostra per via del mare, con la Dalmazia, dalla quale non è discosto piú di 120 miglia intorno. E confina con molti signori e conti di qualche condizione, che alcuni di loro pagano feudo a Sua Eccellenza. In questo Stato possiede il signor duca sette cittá, che cadauna di esse ha il suo vescovado; castelli molti d’ogni sorte: quelli di considerazione sono 52; gli altri» passano di numero piú 250, ma sono luoghi piccoli e di poco momento. Le cittá sono Urbino, Pesaro, Sinigaglia, Ugubio, Cagli, Fossombruno, San Leo. Di castelli non fa bisogno ch’io ne faccia menzione, per non fastidire le Signorie Vostre eccellentissime con esser troppo lungo. Delle qual cittá alcune sono ben casate ed alcune non molto; vi sono anco alcuni bei palazzi, tra’ quali vi è quello d’Urbino di tanta fama, quel di Castel Durante, d’Ugubio, di Pesaro, l’Imperiale, quel di Fossombruno e molti altri. Questo paese parte è montuoso, parte è piano e valle, com’c quasi in tutti i luoghi d’Italia. Percioché, in quanto egli è vicino all’Apennino (il quale, come sanno le Signorie Vostre eccellentissime, è monte che, cominciando dalle Alpi fin al mare Ionio, va quasi per mezo partendo e dividendo l’Italia), sente dell’asprezza del monte; ma, com’egli si va inchinando verso il mare di qua, ch’è il nostro Adriatico, e di lá verso il mare di