Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. II, 1913 – BEIC 1905390.djvu/123

in Alessandria, dove tanto piú crede in ora necessaria la sua presenza per troncare, se sia possibile, il corso a quelle male intelligenze, che per gelosia di comando insorte sono tra gli stessi generali austriaci e che bene spesso possono decidere dell’esito degli affari di guerra, come pur troppo una fatale esperienza ha fatto e fa attualmente conoscere in altre parti. Col mezzo delle suespresse previdenze e con i nuovi rinforzi di truppa che vi si attendevano di Germania, si concepiva intanto da quel governo e dai milanesi la lusinga che, qualora fossero meglio amministrate le cose della guerra dalla corte di Torino, potesse essere tolta per tutto ciò e per la circostanza della stagione, che si va avanzando spezialmente per le montuose situazioni di quello Stato, l’opportunitá di tentare per ora la vagheggiata invasione della Lombardia. Ma, se per una parte si è abbondantemente provveduto dalla corte di Vienna alle esigenze della presente campagna, e con la spedizione dei necessari generi ed attrezzi e con la somministrazione delle occorrenti summe di danaro, ritratte dai doni gratuiti di quello Stato e dagli imprestiti che vi ha aperti per conto suo, non può per l’altra non essere sommamente imbarazzata nel presentare gli opportuni pecuniari mezzi per supplire nel venturo anno alle incalcolabili spese di una nuova campagna. A tale oggetto incessanti sono le sollecitudini del governo per animare la cittá e Io Stato di Milano a concorrere all’ultimo richiesto imprestito di un millione di fiorini, contrastato sino ad ora e ritardato, non tanto dalla ricerca da loro prodotta di un maggiore interesse, quanto da quella di avere per garante dei rispettivi loro capitali la stessa corte di Vienna. Quello però, che sopra ogni altra cosa la interessa, si è l’articolo delle indennizzazioni, che crede ad essa dovute, per le grandiose spese incontrate per la diffesa del Piemonte, e che desidera che consistano non in rimborsi di danaro, al che non potrebbe che dopo un lunghissimo corso di anni supplire la corte di Torino, aggravata giá per se stessa in ora ed oppressa da enormi debiti, ma nella restituzione di una parte di ciò, che per sfortunate vicende di guerra ha dovuto cedere la defonta