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il disordine. In tale imbarazzante situazione si attrova anche la nuova istituita Conferenza governativa, composta del reale arciduca, del signor ministro plenipotenziario e dei due consultori signori conti Hevenhúller e Litta e, in quanto sia alle materie ecclesiastiche, del signor consigliere Signorini; giacché, succedendo alcune volte in essa, sopra gli affari che vi si propongono, una paritá di voti, rimane tutto in sospeso e conviene informarne la corte di Vienna e attenderne la tarda decisione con pregiudizio degli affari medesimi. Si è da qualche tempo immaginato il progetto d’introdurre un terzo consultore nella Conferenza sudetta, onde evitare nella discussione delle materie ad essa devolute il caso della paritá dei voti; ma sino ad ora, forse per un riguardo economico, non fu adottato dalla corte, cosi che si crede che, sino a che non siano, con la cessazione della presente disastrosa guerra, a pacifico tranquillo sistema ridotti gli affari della monarchia, non saranno fatte ulteriori innovazioni nello Stato di Milano. Esposti con la possibile maggior brevitá questi cenni, dall’ossequio mio creduti non inopportuni, onde Vostre Eccellenze siano intese dell’attuale configurazione di quel governo, posso poi per l’onore della veritá assicurarle che, per quello sia ai vari affari, dei quali fui incaricato nel corso della da me sostenuta residenza e che con particolare compiacenza dell’animo mio ebbero un termine corrispondente ai pubblici desidèri, ho sempre ritrovata nei componenti della reale Conferenza governativa, e singolarmente nel signor ministro plenipotenziario, amante al maggior segno della veritá e della ragione e che ne ha la principale sopraintendenza, la piú piena disposizione per ultimarli con reciproca soddisfazione. Tale l’ho ritrovata pure in questi ultimi mesi relativamente alle premure, significatemi dal nobil uomo rappresentante di Bergamo, ad oggetto che fosse data tutta la mano da quel governo, come infatti segui, per secondare le di lui benemerite cure e sollecitudini, dirette a conseguire il fermo, al caso del loro ingresso nello Stato milanese, di quei malviventi sudditi veneti, che da qualche tempo e in gran numero infestano la vai Brembana superiore della provincia bergamasca.