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Vicenza, da Ferrara in 50. Talché il signor Prospero Colonna, che fu quel gran capitano che sa la Serenitá Vostra, quando che papa Leone fece lega con l’imperatore di cacciare francesi d’Italia, suase anco Sua Santitá che facesse capitan generale della Chiesa il signor marchese di Mantova, ch’era in quel tempo molto giovine, né aveva dato molto gran conto di lui, non per altro se non per potersi valere del suo Stato in quella occasione. Il qual suo disegno li riusci mirabilmente, perché, con le spalle e favore del Stato di Mantova, ebbe delle vettovaglie, sostenne l’impeto de’ francesi e finalmente li cacciò, come sa meglio di me la Serenitá Vostra e illustrissimo senato. Né voglio restar di dire in questo proposito quello che, essendo io in Mantova, ho inteso per bona via e per bocca di chi si ritrovò presente: che era venuto uomo a posta con lettere di credenza per offerir al duca, ch’è putto di otto anni, una figliola del re de’ romani; a che fine e con qual disegno, io lo lascio al sapientissimo giudizio della Vostra Serenitá. Alla qual proposta il reverendissimo cardinale tolse tempo di rispondere, dicendo di volerlo comunicar con la signora duchessa; poi si risolse di non voler altrimenti parlare di maritar suo nipote per ora, essendo dell’etá che gli è e potendo in questo mezzo occorrere molti accidenti.

Veduto brevemente l’entrate e spese di Mantova, le genti da piedi e da cavallo delle quali quel Stato se ne può valere, e considerate quelle poche cose che ho giudicato necessarie intorno al sito di quella cittá, dirò ora brevemente le condizioni del reverendissimo cardinale e della signora duchessa, che si ritrovano al governo di quel Stato e sono per continuar dodici anni continui, perché per testamento sono lasciati tutori essi due e il signor don Ferrante per terzo fino che il duca pervenga all’etá di 20 anni.

Questo reverendissimo cardinale, serenissimo Principe, è della famiglia e del nascimento che sa Vostra Serenitá. Si ritrova ora d’anni 35, proporzionatissimo di corpo, grande di statura, di colore tra il bianco ed il rosso. Ha nella faccia una certa dolcezza congionta con una infinita e mirabil gravitá; dal che nasce