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errore la Nazione, e principalmente il minuto popolo, cui sembrerebbe lo stesso avere dieci lire in moneta di rame, che in moneta d’argento o d’oro, e di tal errore si approfitterebbero tanto più alcuni pochi negozianti sì nazionali che forestieri a gravissimo danno della Nazione; danno, che ripiomberebbe necessariamente sull’Erario stesso del Principe.

I pubblici cambiavalute posti ai confini saranno facilmente allettati da un grosso profitto a negoziare sulle monete; poco temendo il rigor d’una legge contraria, cui non v’è forte diligenza bastante per farla osservare. Prescindendo anche da ciò, se questi cambiavalute osserveranno per ordine del Principe i giusti rapporti tra le monete nazionali e le straniere, saranno evidentemente inutili, se faranno il cambio a profitto del Principe, ciò si risolverà in un dazio d’introito e d’uscita pel denaro di cui parlerò fra poco. Ricordo qui solo, prima di finir questo articolo, ciò che ho detto al principio, e che importa assaissimo d’aver sempre presente al pensiero, cioè che non v’è legge alcuna atta ad impedire l’estrazione del denaro, qualunque volta la natura del commercio la richiegga.


D 4 CAP.