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fiorentini; e così fattosi in un tratto di scultore soldato, si portò in quelle guerre di Romagna valorosamente; il medesimo fece con Paulo Vitelli nella guerra di Pisa. E con Piero de’ Medici si trovò nel fatto d’arme del Garigliano, dove si acquistò una insegna e nome di valente alfiere. Finalmente, conoscendo che non era per mai venire, ancor che lo meritasse, come disiderava al grado di capitano e non avere alcuna cosa avanzato nella guerra anzi aver consumato vanamente il tempo, ritornò alla scoltura, et avendo fatto ad alcuni mercatanti fiorentini operette di marmo e di bronzo in figure piccole, che sono in Fiorenza per le case de’ cittadini, e disegnato molte cose con fierezza e buona maniera, come si può vedere in alcune carte del nostro libro di sua mano insieme con altre, le quali fece a concorrenza di Michelagnolo, fu dai su detti mercanti condotto in Inghilterra dove lavorò in servigio di quel re infinite cose di marmo, di bronzo e di legno a concorrenza d’alcuni maestri di quel paese ai quali tutti restò superiore. E ne cavò tanti e così fatti premii che, se non fusse stato, come superbo, persona inconsiderata e senza governo, sarebbe vivuto quietamente e fatto ottima fine, là dove gli avvenne il contrario. Dopo, essendo condotto d’Inghilterra in Ispagna, vi fece molte opere che sono sparse in diversi luoghi e sono molto stimate; ma in fra l’altre fece un Crocifisso di terra che è la più mirabile cosa che sia in tutta la Spagna. E fuori della città di Siviglia in un monasterio de’ frati di San Girolamo fece un altro Crucifisso et un San Girolamo in penitenza col suo lione, nella figura del qual Santo ritrasse un vecchio dispensiero de’ Botti, mercanti fiorentini in Ispagna, et una Nostra Donna col Figliuolo, tanto bella ch’ella fu cagione che ne facesse un’altra simile al Duca d’Arcus, il quale per averla fece tante promesse a Torrigiano, che egli si pensò d’esserne ricco per sempre. La quale opera finita, gli donò quel Duca tante di quelle monete che chiamano maravelìs, che vagliono poco o nulla, che il Torrigiano al quale ne andarono due persone a casa cariche si confermò maggiormente nella sua openione d’avere a esser richissimo. Ma avendo poi fatta contare e vedere a un suo amico fiorentino quella moneta e ridurla al modo italiano, vide che tanta somma non arrivava pure a trenta ducati, per che, tenendosi beffato, con grandissima collera andò dove era la figura che aveva fatto per quel Duca e tutta guastolla. Laonde quello Spagnuolo, tenendosi vituperato, accusò il Torrigiano per eretico; onde essendo messo in prigione et ogni dì esaminato e mandato [da] uno inquisitore all’altro, fu giudicato finalmente degno di gravissima punizione. La quale non fu messa altrimenti in esecuzione, perché esso Torrigiano per ciò venne in tanta maninconia che, stato molti giorni senza mangiare e per ciò debilissimo divenuto, a poco a poco finì la vita; e così col torsi il cibo si liberò dalla vergogna in che sarebbe forse caduto, essendo, come si credette, stato condennato a morte. Furono l’opere di costui circa gl’anni di nostra salute 1515. E morì l’anno 1522.