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di Donato; onde insegnava loro e parimente aveva cura alle cose del giardino et a molti disegni, cartoni e modelli di mano di Donato, Pippo, Masaccio, Paulo Ucello, fra’ Giovanni, fra’ Filippo e d’altri maestri paesani e forestieri. E nel vero queste arti non si possono imparare se non con lungo studio fatto in ritrarre e sforzarsi d’imitare le cose buone. E chi non ha di sì fatte commodità, se bene è dalla natura aiutato, non si può condurre, se non tardi, a perfezzione. Ma tornando all’anticaglie del detto giardino, elle andarono la maggior parte male l’anno 1494, quando Piero, figliuolo del detto Lorenzo, fu bandito di Firenze; perciò che tutte furono vendute all’incanto. Ma non di meno la maggior parte furono l’anno 1512 rendute al Magnifico Giuliano, allora che egli e gl’altri di casa Medici ritornarono alla patria; et oggi per la maggior parte si conservano nella guardaroba del Duca Cosimo. Il quale esempio veramente magnifico di Lorenzo, sempre che sarà imitato da’ principi e da altre persone onorate, recherà loro onore e lode perpetua, perché chi aiuta e favorisce nell’alte imprese i belli e pellegrini ingegni, da e’ quali riceve il mondo tanta bellezza, onore, comodo et utile, merita di vivere eternamente per fama negli intelletti degli uomini. Fra gl’altri che studiarono l’arti del disegno in questo giardino riuscirono tutti questi eccellentissimi: Michelagnolo di Lodovico Bonarroti, Giovan Francesco Rustici, Torrigiano Torrigiani, Francesco Granacci, Niccolò di Domenico Soggi, Lorenzo di Credi e Giuliano Bugiardini. E de’ forestieri: Baccio da Monte Lupo, Andrea Contucci dal Monte San Sovino et altri de’ quali si farà memoria al luogo loro. Il Torrigiano adunque, del quale al presente scriviamo la vita, praticando nel detto giardino con i sopra detti era di natura tanto superbo e colloroso, oltre all’essere di persona robusta, d’animo fiero e coraggioso, che tutti gl’altri bene spesso soperchiava di fatti e di parole; era la sua principale professione la scoltura, ma non di meno lavorava di terra molto pulitamente e con assai bella e buona maniera, ma, non potendo egli sopportare che niuno con l’opere gli passasse inanzi, si metteva a guastar con le mani quell’opere di man d’altri, alla bontà delle quali non poteva con l’ingegno arrivare. E, se altri di ciò se risentiva, egli spesso veniva ad altro che a parole. Aveva costui particolar odio con Michelagnolo, non per altro se non perché lo vedeva studiosamente attendere all’arte, e sapeva che nascosamente la notte et il giorno delle feste disegnava in casa, onde poi nel giardino riusciva meglio che tutti gl’altri et era per ciò molto carezzato dal Magnifico Lorenzo; per che, mosso da crudele invidia, cercava sempre d’offenderlo di fatti o di parole; onde venuti un giorno alle mani, diede il Torrigiano a Michelagnolo sì fattamente un pugno sul naso, che glielo infranse, di maniera che lo portò poi sempre così stiacciato mentre che visse. La qual cosa avendo intesa il Magnifico ne ebbe tanto sdegno che, se il Torrigiano non si fuggiva di Firenze, n’arebbe ricevuto qualche grave castigo. Andatosene dunque a Roma, dove allora faceva lavorare Alessandro VI Torre Borgia, vi fece il Torrigiano in compagnia d’altri maestri molti lavori di stucchi, poi dandosi danari per lo duca Valentino che faceva guerra ai Romagnuoli, il Torrigiano fu sviato da alcuni giovani