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coloriti di colore di carne mostrano quella bontà e quella bellezza, che ogni artefice valente cerca di dare alle cose sue, la quale opera ancora oggi per eccellentissima si tiene. Sono molte figure in essa intorno a una Nostra Donna tutte lodatissime e con una grazia et affetto e pronta fierezza vivaci. Ma colorite poi con una gagliarda maniera che paion di rilievo perché volse mostrare che, oltra al disegno, sapeva dar forza e far venire con lo scuro delle ombre innanzi le figure, come appare intorno a un padiglione ove sono alcuni putti che lo tengono, che volando in aria si spiccano dalla tavola, oltre che v’è un Cristo fanciullo che sposa S. Caterina monaca, che non è possibile, in quella scurità di colorito che ha tenuto, far più viva cosa. Èvvi un cerchio di Santi da una banda che diminuiscono in prospettiva, intorno al vano d’una gran nicchia, i quali son posti con tanto ordine che paion veri e parimente dall’altra banda. E nel vero si valse assai d’immitare in questo colorito le cose di Lionardo e massime negli scuri, dove adoprò fumo da stampatori e nero di avorio abruciato; è oggi questa tavola da’ detti neri molto riscurata, più che quando la fece, ché sempre sono diventati più tinti e scuri. Fecevi innanzi, per le figure principali, un San Giorgio armato, che ha uno stendardo, in mano, figura fiera, pronta, vivace e con bella attitudine. Èvvi un San Bartolomeo ritto, che merita lode grandissima insieme con due fanciulli che suonano uno il liuto e l’altro la lira; all’un de quali ha fatto raccorre una gamba e posarvi su lo strumento, le man poste alle corde in atto di diminuire, l’orecchio intento all’armonia e la testa volta in alto, con la bocca alquanto aperta, d’una maniera che chi lo guarda non può discredersi di non avere a sentire ancor la voce. Il simile fa l’altro, che acconcio per lato, con uno orecchio appoggiato alla lira, par che senta l’accordamento che fa il suono con il liuto e con la voce mentre che facendo tenore egli con gli occhi a terra va seguitando, con tener fermo e volto l’orecchio al compagno, che suona e canta, avvertenzie e spiriti veramente ingegnosi, e così stando quelli a sedere e vestiti di velo, che maravigliosi et industriosamente dalla dotta mano di fra’ Bartolomeo sono condotti e tutta l’opera con ombra scura sfumatamente cacciata. Fece poco tempo dopo un’altra tavola dirimpetto a quella la quale è tenuta buona, dentrovi la Nostra Donna et altri Santi intorno. Meritò lode straordinaria avendo introdotto un modo di fummeggiar le figure, in modo che all’arte aggiungono unione maravigliosa talmente che paiono di rilievo e vive, lavorate con ottima maniera e perfezzione. Sentendo egli nominare l’opre egregie di Michele Agnolo fatte a Roma così quelle del grazioso Raffaello, e sforzato dal grido che di continuo udiva de le maraviglie fatte dai due divini artefici, con licenza del priore si trasferì a Roma dove trattenuto da fra’ Mariano Fetti, frate del Piombo, a Monte Cavallo e San Salvestro luogo suo, gli dipinse due quadri di San Pietro e San Paolo; e perché non gli riuscì molto il far bene in quella aria, come aveva fatto nella fiorentina, atteso che fra le antiche e moderne opere che vide, et in tanta copia, stordì di maniera che grandemente scemò la virtù e la eccellenza che gli pareva avere, deliberò di partirsi: e lasciò a Raffaello da Urbino che finisse uno de’ quadri il quale non era finito; che fu il San Piero il quale, tutto ritocco di mano del mirabile Raffaello, fu dato a fra’ Mariano.