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canzone:

Dolor, pianto e penitenzia, etc.

Era inanzi et adrieto al carro gran numero di morti a cavallo, sopra certi cavagli con somma diligenzia scelti de’ più secchi e più strutti che si potessino trovare con covertine nere piene di croci bianche, e ciascuno aveva 4 staffieri vestiti da morti con torce nere et uno stendardo grande nero con croci et ossa e teste di morto. Appresso al trionfo si strassinava 10 stendardi neri, e mentre caminavano con voce tremanti et unite diceva quella compagnia il Miserere, psalmo di Davit. Questo duro spettacolo per la novità, come ho detto, e terribilità sua, misse terrore e maraviglia insieme in tutta quella città, e se bene non parve nella prima giunta cosa da carnovale, nondimeno per una certa novità e per essere accomodato tutto benissimo, satisfece agli animi di tutti, e Piero autore et inventore di tal cosa ne fu sommamente lodato e comendato; e fu cagione che poi di mano in mano si seguitassi di fare cose spiritose e d’ingegnosa invenzione, che invero per tali suggetti e per condurre simil feste non ha avuto questa città mai paragone; et ancora in que’ vecchi che lo videro ne rimane viva memoria, né si saziano di celebrar questa capricciosa invenzione. Senti’ dire io a Andrea di Cosimo, che fu con lui a fare questa opera, et Andrea del Sarto, che fu suo discepolo e vi si trovò anche egli, che e’ fu opinione in quel tempo che questa invenzione fussi fatta per significare la tornata della casa de’ Medici del 12 in Firenze, perché allora che questo trionfo si fece erano esuli, e come dire morti che dovessino in breve resuscitare, et a questo fine interpretavano quelle parole che sono nella canzone:

Morti siam come vedete, così morti vedrem voi. Fummo già come voi siete, vo’ sarete come noi, etc.

volendo accennare la ritornata loro in casa, e quasi come una ressurrezzione da morte a vita, e la cacciata et abassamento de’ contrarii loro; o pure che fusse, che molti dallo effetto che seguì della tornata in Firenze di quella illustre casa, come son vaghi gli ingegni umani di aplicare le parole et ogni atto che nasce prima agli effetti che seguon poi, che gli fu dato questa interpretazione. Certo è che questo fu allora oppinione di molti e se ne parlò assai. Ma ritornando a l’arte et azzioni di Piero, fu allogato a Piero una tavola a la cappella de’ Tedaldi nella chiesa de’ frati de’ Servi, dove eglino tengono la veste et il guanciale di S. Filippo lor frate, nella quale finse la Nostra Donna ritta, che è rilevata da terra in un dado e con un libro in mano, senza il Figliuolo, che alza la testa al cielo, e sopra quella è lo Spirito Santo, che la illumina. Né ha voluto che altro lume, che quello che fa la colomba, lumeggi e lei e le figure che le sono intorno, come una S. Margherita et una S. Caterina che la adorano ginochioni, e ritti son a guardarla S. Pietro e S. Giovanni Evangelista, insieme con S. Filippo frate de’ Servi e S. Antonino arcivescovo di Firenze. Oltra che vi fece un paese bizzarro e per gli alberi strani e per alcune grotte, e per il vero ci sono parti bellissime, come certe teste che mostrano e disegno e grazia, oltra il colorito molto continovato. E certamente che Piero possedeva grandemente il colorire a olio. Fecevi la predella con alcune storiette piccole molto ben fatte; et in fra l’altre ve n’è una, quando S. Margherita esce dal ventre del serpente, che per aver