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rifare tutto il basamento alle storie della camera della Segnatura, che è quella dove è dipinto il monte Parnaso; per il che fu dipinto da Perino un ordine finto di marmo con termini varii e festoni, maschere et altri ornamenti, et in certi vani storie contrafatte di color di bronzo che per cose in fresco sono bellissime. Nelle storie era, come di sopra trattando i filosofi della filosofia, i teologi della teologia et i poeti del medesimo, tutti i fatti di coloro che erano stati periti in quelle professioni. Et ancora che egli non le conducesse tutte di sua mano, egli le ritoccava in secco di sorte, oltra il fare i cartoni del tutto finiti, che poco meno sono che s’elle fussino di sua mano. E ciò fece egli perché, sendo infermo d’un catarro, non poteva tanta fatica. Laonde, visto il Papa che egli meritava, e per l’età e per ogni cosa sendosi raccomandato, gli fece una provisione di ducati venticinque il mese che gli durò infino alla morte, con questo: che avesse cura di servire il palazzo e così casa Farnese. Aveva scoperto già Michelagnolo Buonarroti, nella cappella del papa, la facciata del Giudizio, e vi mancava di sotto a dipignere il basamento, dove si aveva appiccare una spalliera d’arazzi tessuta di seta e d’oro, come i panni che parano la cappella; onde, avendo ordinato il Papa che si mandasse a tessere in Fiandra, col consenso di Michelagnolo, fecero che Perino cominciò una tela dipinta della medesima grandezza, dentrovi femmine e putti e termini che tenevono festoni molto vivi, con bizzarrissime fantasie. La quale rimase imperfetta in alcune stanze di Belvedere dopo la morte sua, opera certo degna di lui e dell’ornamento di sì divina pittura. Dopo questo, avendo fatto finire di murare Anton da Sangallo, in palazzo del papa, la sala grande de’ re dinanzi alla cappella di Sisto Quarto, fece Perino nel cielo uno spartimento grande d’otto facce, e croce et ovati nel rilievo e sfondato di quella. Il che fatto, la diedero a Perino che la lavorasse di stucco e facesse quegli ornamenti più ricchi e più begli che si potesse fare nella difficultà di quell’arte. Così cominciò e fece negli ottangoli, in cambio d’una rosa, quattro putti tondi di rilievo che puntano i piedi al mezzo e, con le braccia girando, fanno una rosa bellissima. E nel resto dello spartimento sono tutte l’imprese di casa Farnese, e nel mezzo della volta l’arme del Papa. Onde veramente si può dire questa opera, di stucco, di bellezza e di finezza e di difficultà aver passato quante ne fecero mai gli antichi et i moderni, e degna veramente d’un capo della religione cristiana. Così furono con disegno del medesimo [fatte] le finestre di vetro dal Pastorin da Siena, valente in quel mestiero, e sotto fece fare Perino le facciate, per farvi le storie di sua mano, in ornamenti di stucchi bellissimi, che furon poi seguitati da Daniello Riciarelli da Volterra pittore. La quale [opera] se la morte non gli avesse impedito quel buono animo ch’aveva, arebbe fatto conoscere quanto i moderni avessino avuto cuore, non solo in paragonare con gli antichi l’opere loro, ma forse in passarle di gran lunga. Mentre che lo stucco di questa volta si faceva e che egli pensava a’ disegni delle storie in San Pietro di Roma, rovinandosi le mura vecchie di quella chiesa, per rifar le nuove della fabrica, pervennero i muratori a una pariete dove era una Nostra Donna et altre pitture di man di Giotto; il che veduto Perino, che era in compagnia di Messer Niccolò Acciaiuoli, dottor fiorentino e suo amicissimo, mosso l’uno e l’altro a pietà