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finito gran parte in diverse fogge, e disegnati quegli ignudi, altri di chiaro e scuro, altri di carbone e di lapis nero, altri gradinati, altri tratteggiati e dintornati solamente, mentre, dico, che Perino stava così e non cominciava, Girolamo da Trevisi mormorava di lui, dicendo: "Che cartoni e non cartoni! Io, io ho l’arte su la punta del pennello". E sparlando più volte in questa o simil maniera, pervenne agli orecchi di Perino, il quale, presone sdegno, subito fece conficcare nella volta, dove aveva andare la storia dipinta, il suo cartone, e levato in molti luoghi le tavole del palco acciò si potesse veder di sotto, aperse la sala. Il che sentendosi, corse tutta Genova a vederlo e, stupiti del gran disegno di Perino, lo celebrarono immortalmente. Andovvi fra gli altri Girolamo da Trivisi, il quale vide quello che egli mai non pensò vedere di Perino; onde, spaventato dalla bellezza sua, si partì di Genova senza chieder licenza al prencipe Doria, tornandosene in Bologna dove egli abitava. Restò dunque Perino a servire il prencipe e finì questa sala colorita in muro a olio, che fu tenuta et è cosa singularissima nella sua bellezza, essendo (come dissi), in mezzo della volta e dattorno e fin sotto le lunette, lavori di stucchi bellissimi. Nell’altra sala, dove si entra per la porta della loggia a man ritta, fece medesimamente nella volta pitture a fresco, e lavorò di stucco in un ordine quasi simile quando Giove fulmina i giganti, dove sono molti ignudi, maggiori del naturale, molto begli. Similmente in cielo tutti gli dèi i quali, nella tremenda orribilità de’ tuoni, fanno atti vivacissimi e molto proprii, secondo le nature loro; oltraché gli stucchi sono lavorati con somma diligenza et il colorito in fresco non può essere più bello, atteso che Perino ne fu maestro perfetto e molto valse in quello. Fecevi quattro camere, nelle quali tutte le volte sono lavorate di stucco in fresco, e scompartitevi dentro le più belle favole d’Ovidio che paiono vere, né si può imaginare la bellezza, la copia et il vario e gran numero che sono per quelle di figurine, fogliami, animali e grottesche, fatte con grande invenzione. Similmente da l’altra banda dell’altra sala fece altre quattro camere, guidate da lui e fatte condurre da’ suoi garzoni, dando loro però i disegni così degli stucchi, come delle storie, figure e grottesche, che infinito numero, chi poco e chi assai, vi lavorarono, come Luzio Romano, che vi fece molte opere di grottesche e di stucchi, e molti lombardi. Basta che non vi è stanza che non abbia fatto qualche cosa e non sia piena di fregiature, per fino sotto le volte, di vari componimenti pieni di puttini, maschere bizzarre et animali che è uno stupore; oltreché gli studioli, le anticamere, i destri, ogni cosa è dipinto e fatto bello. Entrasi dal palazzo al giardino in una muraglia terragnola che in tutte le stanze e fin sotto le volte ha fregiature molto ornate, e così le sale e le camere e le anticamere, fatte dalla medesima mano. Et in quest’opera lavorò ancora il Pordenone come dissi nella sua vita; e così Domenico Beccafumi sanese rarissimo pittore, che mostrò non essere inferiore a nessuno degl’altri, quantunque l’opere che sono in Siena di sua mano siano le più eccellenti che egli abbia fatto in fra tante sue. Ma per tornare all’opere che fece Perino doppo quelle che egli lavorò nel palazzo del prencipe, egli fece un fregio in una stanza di casa Giannettin Doria, dentrovi femmine bellissime, e per la città fece molti lavori a molti gentiluomini, in fresco e coloriti a olio, come una tavola in