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le figure principali erano finite del tutto. E così l’Apostolo si rimase indietro, senza farvi altro. Aveva Perino disegnato questo cartone in sul foglio bianco, sfumato e tratteggiato, lasciando i lumi della propria carta, e condotto tutto con una diligenza mirabile; nella quale erano i due imperadori nel tribunale che sentenziano a la croce tutti i prigioni, i quali erano volti verso il tribunale, chi ginocchioni, chi ritto et altro chinato, tutti ignudi legati per diverse vie, in attitudini varie, storcendosi con atti di pietà e conoscendo il tremar delle membra, per aversi a disgiugner l’anima nella passione e tormento della crocifissione; oltreché vi era accennato in quelle teste la constanzia della fede né vecchi, il timore della morte ne’ giovani, in altri il dolore delle torture nello stringerli le legature il torso e le braccia. Vedevasi appresso il gonfiar de’ muscoli, e fino al sudor freddo della morte, accennato in quel disegno. Appresso si vedeva ne’ soldati che gli guidavano una fierezza terribile, impiissima e crudele nel presentargli al tribunale per la sentenza e nel guidargli a le croci. Avevano indosso gli imperadori e’ soldati, corazze all’antica et abbigliamenti molto ornati e bizzarri, et i calzari, le scarpe, le celate, le targhe e le altre armadure fatte con tutta quella copia di bellissimi ornamenti che più si possa fare et imitare et aggiugnere all’antico, disegnate con quell’amore et artifizio e fine, che può far tutti gli estremi dell’arte. Il quale cartone, vistosi per gli artefici e per altri intendenti ingegni, giudicarono non aver visto pari bellezza e bontà in disegno dopo quello di Michelagnolo Buonarroti, fatto in Fiorenza per la sala del Consiglio. Laonde, acquistato Perino quella maggior fama che egli più poteva acquistare nell’arte, mentre che egli andava finendo tal cartone, per passar tempo, fece mettere in ordine e macinare colori a olio per fare al Piloto orefice suo amicissimo un quadretto non molto grande; il quale condusse a fine quasi più di mezzo, dentrovi una Nostra Donna. Era già molti anni stato domestico di Perino un ser Raffaello di Sandro, prete zoppo, cappellano di San Lorenzo, il quale portò sempre amore agli artefici di disegno; costui dunque persuase Perino a tornar seco in compagnia, non avendo egli né chi gli cucinasse, né chi lo tenesse in casa, essendo stato il tempo che ci era stato, oggi con un amico e domani con un altro. Laonde Perino andò alloggiare seco e vi stette molte settimane. Intanto la peste cominciata a scoprirsi in certi luoghi in Fiorenza, messe a Perino paura di non infettarsi; per il che deliberato partirsi, volle prima sodisfare a ser Raffaello tanti dì ch’era stato seco a mangiare, ma non volle mai ser Raffaello acconsentire di pigliare niente; anzi disse: "E’ mi basta un tratto avere uno straccio di carta di tua mano". Per il che, visto questo, Perino tolse circa a quattro braccia di tela grossa, e fattola appiccare ad un muro che era fra due usci della sua saletta, vi fece un’istoria contrafatta di color di bronzo, in un giorno et in una notte. Nella quale tela, che serviva per ispalliera, fece l’istoria di Mosè quando passa il Mar Rosso e che faraone si sommerge in quello co’ suoi cavalli e co’ suoi carri: dove Perino fece attitudini bellissime di figure, chi nuota armato e chi ignudo, altri, abbracciando il collo a’ cavalli, bagnati le barbe et i capelli, nuotano e gridano per la paura della morte, cercando il più che possono di scampare; da l’altra parte del mare vi è Mosè, Aron e gli altri Ebrei, maschi e femmine, che