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al disotto in su, lavorate con maestrevol arte e molto bene intese. Oltra la leggiadria che egli usò negli abiti loro, velando l’ignudo con alcuni pannicini sottili che in parte scuoprono le gambe ignude e le braccia, certo con una graziosissima bellezza. La quale opera fu veramente tenuta, et oggi ancora si tiene, per cosa molto onorata e ricca di lavoro, e cosa allegra, vaga e degna veramente di quel Pontefice; il quale non mancò riconoscere le lor fatiche, degne certo di grandissima remunerazione. Fece Perino una facciata di chiaro oscuro, allora messasi in uso per ordine di Polidoro e Maturino, la quale è dirimpetto alla casa della marchesa di Massa, vicino a maestro Pasquino, condotta molto gagliardamente di disegno e con somma diligenza. Venendo poi, il terzo anno del suo pontificato, papa Leone a Fiorenza, per che in quella città si feciono molti trionfi, Perino, parte per vedere la pompa di quella città e parte per rivedere la patria, venne inanzi alla corte; e fece, in un arco trionfale a S. Trinita, una figura grande di sette braccia bellissima, avendone un’altra a sua concorrenza fatta Toto del Nunziata, già nella età puerile suo concorrente. Ma parendo a Perino ogni ora mille anni di ritornarsene a Roma, giudicando molto differente la maniera et i modi degli artefici da quegli che in Roma si usavano, si partì di Firenze e là se ne ritornò, dove, ripreso l’ordine del solito suo lavorare, fece in S. Eustachio da la Dogana un San Piero in fresco, il quale è una figura che ha rilievo grandissimo, fatto con semplice andare di pieghe, ma molto con disegno e giudizio lavorato. Essendo in questo tempo l’arcivescovo di Cipri in Roma, uomo molto amatore delle virtù, ma particolarmente della pittura, et avendo egli una casa vicina alla Chiavica, nella quale aveva acconcio un giardinetto con alcune statue et altre anticaglie certo onoratissime e belle, e desiderando accompagnarle con qualche ornamento onorato, fece chiamare Perino, che era suo amicissimo; et insieme consultarono che e’ dovesse fare intorno alle mura di quel giardino molte storie di baccanti, di satiri e di fauni e di cose selvagge, alludendo ad una statua d’un Bacco, che egli ci aveva, antico, che sedeva vicino a una tigre. E così adornò quel luogo di diverse poesie; vi fece fra l’altre cose una loggetta di figure piccole, e varie grottesche e molti quadri di paesi, coloriti con una grazia e diligenza grandissima. La quale opera è stata tenuta, e sarà sempre dagli artefici, cosa molto lodevole; onde fu cagione di farlo conoscere a’ Fucheri mercanti tedeschi, i quali, avendo visto l’opera di Perino e piaciutali, perché avevano murato vicino a Banchi una casa, che è quando si va a la chiesa de’ Fiorentini, vi fecero fare da lui un cortile et una loggia e molte figure, degne di quelle lodi che son l’altre cose di sua mano; nelle quali si vede una bellissima maniera et una grazia molto leggiadra. Ne’ medesimi tempi avendo Messer Marchionne Baldassini fatto murare una casa molto bene intesa, come s’è detto, da Antonio da Sangallo, vicino a S. Agostino, e desiderando che una sala che egli vi aveva fatta fusse dipinta tutta, esaminati molti di que’ giovani acciò che ella fusse e bella e ben fatta, si risolvé dopo molti darla a Perino, con il quale, convenutosi del prezzo, vi messe egli mano; né da quella levò per altri l’animo, che egli felicissimamente la condusse a fresco. Nella quale sala fece uno spartimento a’ pilastri, che mettono in mezzo