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patria Verona, ma lombardo, carezzava straordinariamente. Fu suo amicissimo in quelle parti Paulo Emilio Veronese, che scrisse l’istorie franzesi in lingua latina. Fece Matteo molti discepoli, e fra gl’altri un suo veronese, fratello di Domenico Brusciasorzi, due suoi nipoti, che andarono in Fiandra, et altri molti Italiani e Franzesi, de’ quali non accade far menzione. E finalmente si morì non molto dopo la morte del re Francesco di Francia. Ma per venire oramai all’eccellente virtù di Valerio Vicentino, del quale si ragionerà, egli condusse tante cose grande e piccole, d’intaglio, encavo e di rilievo, ancora con una pulitezza e facilità che è cosa da non credere; e se la natura avesse fatto così buon maestro Valerio di disegno, come ella lo fece eccellentissimo nello intaglio, e diligente e pazientissimo nel condur l’opere sue da che fu tanto e spedito, arebbe passato di gran lunga gli antichi, come gli paragonò, e con tutto ciò ebbe tanto ingegno, che si valse sempre o de’ disegni da lui o degli intagli antichi nelle sue cose. Condusse Valerio a papa Clemente VII una cassetta tutta di cristalli, condotta con mirabil magisterio, che n’ebbe da quel Pontefice per sua fattura scudi duomila d’oro, dove Valerio intagliò in que’ cristalli tutta la Passione di Gesù Cristo col disegno d’altri; la qual cassetta fu poi donata da papa Clemente al re Francesco a Nizza, quando andò a marito la sua nipote al duca d’Orliens, che fu poi il re Arrigo. Fece Valerio per il medesimo papa alcune paci bellissime, et una croce di cristallo divina, e similmente conii da improntar medaglie, dov’era il ritratto di papa Clemente con rovesci bellissimi, e fu cagione che nel tempo suo quest’arte si acrebbe di tanti maestri, che innanzi al sacco di Roma che da Milano e di altri paesi n’era cresciuto sì gran numero, che era una maraviglia. Fece Valerio le medaglie de’ dodici imperatori co’ lor rovesci, cavate dallo antico, più belle, e gran numero di medaglie greche; intagliò tante altre cose di cristallo, che non si vede altro che pieno le botteghe degli orefici et il mondo che delle cose sua formate o di gesso o di zolfo o d’altre mesture da encavi, dove e’ fece storie o figure o teste. Costui aveva una pratica tanto terribile che non fu mai nessuno del suo mestiero che facesse più opere di lui. Condusse ancora a papa Clemente molti vasi di cristalli quale parte donò a diversi principi e parte fur posti in Fiorenza nella chiesa di San Lorenzo insieme con molti vasi che erano in casa Medici, già del Magnifico Lorenzo Vecchio e d’altri di quella illustrissima casa, per conservare le reliquie di molti Santi, che quel pontefice donò per memoria sua a quella chiesa, che non è possibile veder la varietà de’ garbi di que’ vasi, che son parte di sardoni, agate, amatisti, lapislazzari e parte plasme et elitropie e diaspri, cristalli, corniuole che, per la valuta e bellezza loro, non si può desiderar più. Fece a papa Paulo Terzo una croce e dua candellieri pur di cristallo, intagliatovi dentro storie della Passione di Gesù Cristo in varii spartimenti di quell’opera, et infinito numero di pietre piccole e grandi che troppo lungo saria il volerne far memoria. Trovasi appresso il cardinal Farnese molte cose di man di Valerio, il quale non lasciò manco cose lavorate, che facesse Giovanni sopra detto, e d’anni settantotto ha fatto con l’occhio e con le mani miracoli stupendissimi, et ha insegnato l’arte a una sua figliuola, che lavora benissimo. [Era] Valerio tanto vago di procacciare antiquità di marmi et impronte di gesso antiche e moderne, e disegni e